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allora ricominciamo da capo Nonnina
digiti la prima volta [img]questo è quello che deve uscire per primo poi
incolli il link tutto attaccato poi ridigiti:[/img] questa è la casellina finale ed esce la fotoad esempio
cosi è giusto
[img]il%20tuo%20link%20qui%20lo%20incolli[/img]cosi’ è sbagliato
[/img]il tu link qui lo incolli[img]quando clicchi la prima volta[img]esce%20cosi%20e%20la%20seconda%20cosi[/img]mi raccomando hehehehe Nonna Ivana!!!!!!!!!!
[img]quiciincolliillink[/img]
it’s ok?
prima di incollare sulla finestra del Thread devi digitare “img” sopra di te poi tutto attaccato incolli il link e sempre attaccato digiti nuovamente img che sarebbe quello di chiusura infatti diverso con uno slash..!!!!!
Spero esserti stato di aiutooo
ciao Nonna IvanaProvvedero’ al piu’ presto Susy grazieee!!!!! 😉 😉
mmmmmmmmmmmmmmmmmmm susanna
che buoni ci vado matto
quanto sei brava e come sei precisa!!!!!Ci verrei volentieri adoro l’America manco da qualche anno:::::::::
grazie comunque cara…..
magari ci vengo con le mie cuginette Elena e Susanna..O’ tarallo profuma: è chiatto e tunno,
nasce a Napule, e va pe tutt’o munno.
Che tene? Pepe, ‘nzogna e past’e pane.
‘O panettiere ‘a forma ‘a fa ch’e mane:
ncoppa ce mette ‘a mandorla, ch’è doce
e nforna tutte cose: s’adda coce.
Po’ sta ‘o tarallo ‘e Puglia: il tarallino,
fatto con l’olio. E’ assai più piccolino,
ha pochi grassi (lui di strutto è privo):
si sposa bene con l’aperitivo.
Tarallino e tarallo so’ speciale:
tra loro songo amice, e non rivale.
Si (arrassusia!) succede nu’ casino,
fernesce sempe a tarallucci e vino!deve essere buono Susanna
voglio provarlo…grazie!!grazie Annamaria::
😉brava Betta sei bravissimaaaaaaaaaa::::::::::::::::::::::
quando ci inviti a cena??????
😉 😉 😉 😉A Napoli le freselle le vendeva il “tarallaro”, che batteva incessantemente le strade della città coi suoi mitici taralli “nzogna e pepe” contenuti entro una grande sporta, e tenuti in caldo da una coperta. Spesso si portava appresso anche un po’ di freselle (come si vede, ancora una volta in posizione subalterna, mai protagoniste).
Intorno al 1870 questo era il grido del tarallaro: “pe ve scarfà lo stomaco in chesta piattella, cotiche cu freselle ognuno sta a magnà!”
Cibo per lo stomaco del popolo, la fresella è perciò presente nella lingua del popolo; il dialetto. E proprio in dialetto la citano due grandi della poesia napoletana, Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo.
A segnalare la familiarità dei napoletani con la fresella, a Napoli questo termine passò, nei secoli scorsi, ad indicare le percosse (‘e mazzate”), e l’organo sessuale femminile (“Chella guagliona teneva sotto na fresella….”) .
Nel passaggio dal vernacolo alla lingua; dal popolino alla cultura, la fresella sparisce. Nei dizionari italiani non compare affatto, se non in quelli gastronomici. Uno per tutti, il Piccinardi, che alla voce “frisella o frisedda” recita: “Pane biscottato a forma di ciambella tipico della Puglia e della Campania. Viene fatto con farina bianca o integrale, acqua e lievito di birra. E dopo una prima cottura viene tagliato a metà e rimesso in forno a biscottare. Prima di essere consumato va ammorbidito in acqua fredda….”
Come per la caponata, sull’origine del termine “fresella” non vi sono certezze. Sgomberiamo per prima cosa il campo dalle false etimologie, che chissà perché sono di solito le più accreditate: fresella non deriva da “fresa”. Le due cose non hanno visibilmente niente in comune, senza contare che la fresa è nata molto dopo.
E nemmeno proviene da “fresillo”: in napoletano, nastrino. Anche se la forma oblunga della fresella potrebbe richiamare, alla lontana, un nastro.
Certe etimologie verrebbe voglia di accreditarle solo per rendere omaggio alla fantasia degli studiosi che le hanno partorite. E’ il caso di questa: “frisoles”, che in spagnolo vuol dire fagioli. Ed è appunto nella già ricordata acqua di fagioli che un tempo veniva spugnata la fresella. Peccato che, questa pratica fosse solo una delle tante, e certamente non la più diffusa.
Fresella deriva invece, con buona probabilità, dal latino “frendere”, che vuol dire macinare, pestare, stritolare. Plinio usava questo verbo nell’accezione di “ridurre in piccoli pezzi”, e da questa radice proviene l’aggettivo “friabile”. Ed è esattamente questo il destino della croccante e ruvida fresella: più o meno ammorbidita nell’acqua o negli altri liquidi, viene sminuzzata senza alcun riguardo. Lei però, in linea col suo “understatement” e col suo spirito di servizio, non ne soffre; anzi, ne è fiera.prossimamente forse anche oggi pubblichero la ricetta della fresella
napoletana na vera “specialità” du vesuvio….. 😉 😉gaviota sei una pressa….ehehehehe
😉 😉 😉brava gaviotaaaaaaaaa anzi….bravissima senza togliere niente a nessuno!!
😆 😆 😆Gaviota complimenti…………..
scriviamo un libro alla fine eheheheh
😆 😆 😆 😆 😆certo che si quella è solo una foto provvisoria per…..rendere l’idea!!!!
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